




Capua
L'antica Capua fu fondata dagli Etruschi verso l'800 a.C. nel sito corrispondente all'attuale S. Maria Capua Vetere, ma resti di capanne e i ricchi corredi tombali delle sue necropoli attestano una intensa e continua occupazione del territorio sin da epoca preistorica, nonchè nelle età del Bronzo e del Ferro. Pur essendo il centro etrusco più importante dell'entroterra campano, la città non riuscì a sfuggire alla conquista sannitica nel V secolo a.C. e poi al controllo romano. Ribellatasi nel corso della guerra annibalica, fu distrutta nel 211 a.C. dai Romani. Ma la decadenza politica non rallentò lo sviluppo economico della città, definita da Cicerone "altera Roma", fino a quando fu aperta la via Domitiana, che consentiva un più rapido collegamento lungo la costa tra Lazio e Campania. La città, infine, saccheggiata e distrutta dai Vandali nel V secolo d.C., fu spostata dai suoi abitanti nel sito dell'attuale Capua, corrispondente all'antico scalo fluviale di Casilinum.
Se della fase etrusca restano poche testimonianze, soprattutto relative a corredi funerari, oltre a una fornace per la produzione di oggetti fittili e ceramica; al periodo sannitico possono riferirsi i resti del santuario rinvenuto nel Fondo Patturelli e le famose matres matutae conservate nel Museo Provinciale Campano di Capua, nonché quelli del Tempio di Diana Tifatina, ricostruito in più fasi durante il periodo romano, sul quale sorse la basilica paleocristiana di S. Angelo in Formis.
Recenti indagini condotte sulla sommità del monte Tifata hanno evidenziato la presenza di un tempio, di epoca romana, forse dedicato a Giove, altre alla già note ville rustiche e all'acquedotto, nonchè resti di cinte poligonali di epoca sannita.
Dell'abitato antico, circondato da mura e caratterizzato da un impianto regolare imperniato sul tracciato della via Appia, sopravvivono strutture in tutta l'area della città moderna, relative sia a domus (come quella in via degli Orti) sia a quartieri artigianali per la produzione di ceramica e la lavorazione del bronzo, nonché ad edifici pubblici. Tra questi il più rilevante è l'Anfiteatro campano che, costruito a cavallo tra il I e il II secolo d.C. con quattro livelli di arcate di ordine dorico, univa alla grandiosità delle strutture lo sfarzo della decorazione scultorea, solo parzialmente risparmiata dal saccheggio dovuto al suo utilizzo come fortezza e poi come cava. Di grande interesse per lo studio della diffusione delle religioni orientali in Campania è il Mitreo, ambiente ipogeo dedicato al culto del dio persiano Mitra, raffigurato sulla parete di fondo nell'atto di uccidere il toro.
Restano da segnalare il monumentale Criptoportico (non visitabile perché inserito nell'attuale Penitenziario), parte di un più ampio complesso pubblico nella zona del Foro, e l'arco di Adriano all'uscita della città verso ovest. Dal lato opposto sono visibili lunga la via Appia il castellum aquae e due monumenti funerari: le "Carceri vecchie" (I secolo a.C.), con due corpi cilindrici sovrapposti che nascondono la camera sepolcrale; e la famosa " Conocchia" (I secolo d.C.), ampiamente restaurata in età borbonica, caratterizzata da un corpo quadrangolare a pareti curve rientranti, su cui poggia un alto tamburo con copertura a cupola.
L'occupazione del fertile territorio in epoca romana è testimoniata dalle persistenti tracce della centuriazione, della viabilità e dei numerosi impianti di ville rustico-residenziali. quali quelli di via Brezze.
Le numerose testimonianze, di rilevante valore storico e artistico, pertinenti alle fasi protostorica, arcaica e sannitica dell'abitato etrusco-italico, sono esposte dal 1996 nel Museo dell'Antica Capua, la cui sezione romana è in corso di allestimento.
Anfiteatro campano
L'anfiteatro Campano o anfiteatro Capuano, è un anfiteatro di epoca romana della città di Santa Maria Capua Vetere, secondo per dimensioni solo al Colosseo, al quale probabilmente servì come modello essendo stato, verosimilmente, il primo anfiteatro del mondo romano.
Ha un posto di grande importanza nella cultura classica e moderna, e nell'immaginario collettivo a livello mondiale, per essere stato il luogo da cui il gladiatore Spartaco guidò nel 73 a.C. la rivolta che per due anni tenne sotto scacco Roma negli anni immediatamente precedenti il primo triumvirato.
Attualmente si trova all'interno della superficie comunale di Santa Maria Capua Vetere, di fronte Piazza I Ottobre. Parte consistente delle sue pietre furono utilizzate dai capuani in epoca normanna per erigere il Castello delle Pietre della città di Capua ed alcuni dei suoi busti ornamentali, utilizzati in passato come chiavi di volta per le arcate del teatro, furono posti sulla facciata del Palazzo del comune di Capua.
La decadenza dell'anfiteatro
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l'anfiteatro fu distrutto dai Vandali di Genserico e, durante la guerra di successione del Ducato di Benevento dell'841, dai Saraceni insieme alla città. Servì come fortezza per i principi longobardi di Capua[2] (per approfondire, vedi principato di Capua). A partire dalla fine del IX secolo, fu ampiamente depredato dagli stessi capuani successivamente al trasferimento della Civitas Capuana dal sito d'epoca romana (Capua antica) a Casilinum, l'attuale Capua, in particolare per la creazione del Castello di età longobarda, fu utilizzato come cava di marmo e di materiali nella costruzione del Duomo, del campanile e di molti palazzi della Capua attuale e più tardi per la chiesa dell'Annunziata della stessa città. Lo smantellamento dell'anfiteatro per utilizzarlo nella costruzione della reggia di Caserta risulta invece essere un falso storico.
L'opera di depredazione fu veramente feroce: si spezzarono i grandi massi per asportare il bronzo e il piombo che li univa e si usarono le pietre più piccole per pavimentare la strada.
Solo nell'epoca borbonica la distruzione dell'anfiteatro ha fine grazie al re che lo dichiara monumento nazionale.