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Ischia è un'isola dell'Italia appartenente all'arcipelago delle isole Flegree, della Città metropolitana di Napoli.

Posta all'estremità settentrionale del golfo di Napoli e a poca distanza dalle isole di Procida e Vivara, nel mar Tirreno, è la maggiore delle Flegree. Con i suoi 62.733 abitanti è la terza più popolosa isola italiana, dopo Sicilia e Sardegna. In antichità era nota col nome Pithekoussai o Pithecusae (in greco Πιθηκούσσαι).

È una forte attrazione turistica per il golfo di Napoli e per la stessa città.

L'origine del nome

I Greci chiamarono la loro colonia sull'isola Pithekoussai, nome dalla etimologia incerta. Secondo Senagora il nome deriverebbe da pithekos, scimmia, e alluderebbe al mito dei Cercopi, abitanti delle isole flegree trasformati da Zeus in cercopitechi. Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 111, 6.82) fa invece derivare il nome da pythos, anfora, teoria suffragata da ritrovamenti archeologici che testimoniano la produzione greco-italica di ceramiche (e in particolare di anfore da vino) nell'isola e nel golfo di Napoli.

Le prime testimonianze del nome attuale dell'isola risalgono all'anno 812, in una lettera di Papa Leone III nella quale informa l'imperatore Carlo Magno di devastazioni occorse nell'area, chiamando l'isola Iscla maior «Ingressi sunt ipsi nefandissimi Mauri [...] in insulam, quae dicitur Iscla maiore, non longe a Neapolitana urbe». Alcuni studiosi[chi?!..][senza fonte], infine, ricollegano il termine alla parola di origine semitica I-schra, "isola nera" che in sé potrebbe anche essere accettabile se non fosse che dal punto di vista geologico l'isola per i suoi prodotti vulcanici appare soprattutto bianca. Peraltro la frequentazione fenicia dell'isola è archeologicamente documentata in epoca molto antica. Nella diffusione in Campania ed Etruria meridionale, fin dallVIII secolo a.C., di oggetti di produzione o ispirazione egiziana, «hanno certo parte i mercanti fenici installati a Ischia e poi frequentatori delle coste tirreniche».

Il nome Aenaria, utilizzato dai latini, è legato alle officine metallurgiche (da aenus, metallo) localizzate sulla costa orientale, sotto il Castello.

La storia

Antichità

L'isola d'Ischia era abitata fin dal Neolitico, come dimostrano i vari reperti ritrovati ad esempio sulle alture di punta Imperatore, nella frazione di Panza, nella zona sud-ovest dell'isola.

Il ritrovamento fortuito di muri a secco, avvenuto nel 1989 a seguito di uno smottamento, in località punta Chiarito, avvenuto sempre nella frazione di Panza, ha dato l'avvio tra il 1993 ed il 1995 ai lavori di scavo che hanno permesso il ritrovamento di una fattoria greca tenuta da agricoltori benestanti, come dimostra la buona fattura dei vasi che sono stati rinvenuti ed ha permesso di anticipare lo sbarco dei primi coloni greci di circa venti anni rispetto all'originaria ipotesi, cioè intorno al 790, 780 a.C. Inizialmente, si riteneva, infatti, che lo sbarco fosse avvenuto proprio a Monte Vico, oggi nel comune di Lacco Ameno, dove i coloni euboici arrivati da Eretria e Chalkis nell'VIII secolo a.C., avrebbero stabilito un emporio per il commercio con gli Etruschi della terraferma.

Grazie agli scavi del 1993, si è capito oggi che in realtà, i primi coloni si stabilirono a S-O dell'isola, sulle alture di punta Chiarito, a Panza, frazione del comune di Forio. La baia di Sorgeto, che si trova ai piedi di punta Chiarito, offre un riparo ideale per le navi, soprattutto dai venti di scirocco, un requisito importante per i Greci, nella scelta di un approdo. Tale requisito, infatti, non è presente nella zona di monte Vico e costituiva per gli studiosi una non facilmente spiegabile anomalia.

A vent'anni circa dall'originario sbarco, colonizzata buona parte dell'isola, viene fondata la colonia di Pithecusa, il cui centro principale sarà, però, sulle alture di monte Vico, nella zona nord dell'isola, prospiciente il continente, in modo da avere un più rapido scambio con la terraferma.Con il suo porto la colonia fece fortuna grazie al commercio del ferro con il resto dell'Italia; nel periodo di massimo splendore contava circa 10.000 abitanti.

Nel 1953, nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, l'archeologo tedesco Giorgio Buchner ritrovò la coppa di Nestore, risalente al 725 a.C. circa. Costituisce il più antico esempio pervenutoci di poesia scritta n lingua greca.

el 474 a.C. l'isola è occupata dal tiranno siracusano Gerone I, nel quadro delle sue campagne espansionistiche.

Epoca romana

Dal IV secolo a.C., dopo le guerre sannitiche, l'isola passò con Napoli sotto il dominio romano, e divenne centro di attività commerciali e manifatturiere. Oltre al sito di origine greca di Pithecusae (località Mazzola sopra Lacco Ameno), è stato infatti individuato in località Carta Romana, nello specchio d'acqua antistante l'isolotto del Castello Aragonese, un insediamento industriale comprendente una fonderia di piombo e stagno (da cui il nome di Aenaria) e una fabbrica di vasellame, i cui reperti più significativi, lingotti di piombo iscritti (di provenienza spagnola), stagno e taluni oggetti ceramici, sono attualmente esposti nella sala VIII del Museo archeologico di Pithecusae a Lacco Ameno. Il sito, oggi a 5-7 metri sotto il livello del mare, sprofondò per bradisismo verso il 130-150.

Nell'immaginario latino l'isola era associata anche alla figura di Enea, che qui avrebbe fatto scalo. Virgilio la identificò con Arime, isola citata nell'Iliade (II, 783).

Qui trovò rifugio Gaio Mario inseguito da Silla. Per punire i napoletani di ciò, Silla sottrasse l'isola al loro dominio assoggettandola direttamente al Senato di Roma. Qualche decennio dopo, tuttavia, Augusto la restituì alla città di Napoli, tenendo per sé la prediletta Capri.

Saccheggi e scorribande

Con la decadenza dell'impero, Ischia venne minacciata[senza fonte] dai saccheggi barbarici da parte di Visigoti (410 circa) e Vandali (dopo il 430). Nel 476, con la caduta dell'Impero d'Occidente, Ischia entrò a far parte del dominio di Odoacre, mentre nel 493 entrò a far parte, con l'intera penisola, del regno ostrogoto di Teodorico il Grande. Intorno al 536 fu conquistata dagli eserciti bizantini capitanati da Belisario. In seguito alla riorganizzazione dell'Italia bizantina conseguente all'invasione longobarda (568), Ischia entrò a far parte del ducato di Napoli, ducato bizantino dipendente dall'Esarcato d'Italia.

Tra il IX e il X secolo l'isola è esposta alle scorrerie del saraceni: di quella di agosto dell'812 si ha memoria in una lettera del papa Leone III a Carlo Magno; un'altra è ricordata nell'847, quando alcuni navigli pirati rifugiati ad Ischia per una tempesta sono distrutti dai sorrentini che avevano in precedenza subito attacchi, e un'altra ancora nel 991.

I saraceni non erano interessati a conquiste permanenti: le loro scorrerie erano infatti finalizzate al saccheggio e non all'occupazione. Così gli ischitani svilupparono varie tecniche di resistenza, il cui fulcro era il castello, fortificato già da Gerone I nel V secolo a.C.: all'avvistamento delle imbarcazioni saracene gli abitanti dei casali di campagna venivano avvisati dal suono della "tofa", usata a mo' di corno, che si diffondeva da un casale all'altro, e si mettevano in salvo come potevano - rifugiandosi nel castello, se abbastanza vicini, o in grotte scavate nel tufo, o disperdendosi per le campagne.

I Normanni

Fino al 1130 Ischia segue le sorti di Napoli sotto i duchi, finché nel 1135, Ruggero il Normanno saccheggia l'isola, nuovamente invasa da Tancredi, il cui figlio Guglielmo III fu vinto da Arrigo il Severo. Nel 1194 genovesi e pisani invadono l'isola e, occupato il Castello Aragonese (presente sull'isola dal 474 a.C.), consegnano l'isola ad Arrigo VI.

Gli Svevi

La dinastia sveva prende il governo dell'isola nel 1214.

Gli Angioini

Prima che Carlo I, duca d'Angiò, fosse incoronato re di Napoli, Ischia, tenuta dai conti di Ventimiglia dopo la caduta di Manfredi, è invasa dalla galee pisane con lo scopo di provocare una sommossa contro Carlo I d'Angiò a favore di Corradino. Non riuscendo nell'intento, i pisani si abbandonano a massacri e ruberie. Re Carlo I, vittorioso dopo la battaglia di Tagliacozzo (1268), ordina un'inchiesta e convoca rappresentanti dei vari casali dell'Isola che confermano la loro fedeltà al nuovo re. Nel testo della deposizione compaiono:«11 uomini de casale Moropani (oggi Buonopane), 7 de casale de Vico (Lacco Ameno), 11 de casale Furio (Forio), 5 de Villanova (Panza), 22 de guarno (guarnigione nel castello), 3 de Sancto Sosso (sul continente)».

Con Carlo I inizia l'opera di fortificazione del Castello Aragonese e la sua dinastia procede al riordino delle vecchie strutture del governo dell'isola. Nel 1282, però, accesa la scintilla in Sicilia da Giovanni da Procida, gli isolani cacciano gli Angioini e acclamano re Pietro III d'Aragona, marito di Costanza di Hohenstaufen, l'unica figlia di Manfredi, sfuggita a Carlo d'Angiò che per punire l'isola, la invade nuovamente. Alla morte di Carlo I d'Angiò, l'isola passa nelle mani del nipote Carlo Martello, in attesa del legittimo erede Carlo lo Zoppo. Il 22 giugno 1287, Ischia passa sotto il governo di Carlo II d'Angiò detto "lo Zoppo", che grava di un pesante dazio il vino uscente dall'isola. Gli isolani indignatisi sotto la guida di Piero Salvacossa hanno la meglio sulle galee angioine inviate a sedare gli animi. Ma nel 1299 Carlo II d'Angiò invia 400 sgherri sull'isola allo scopo di riconquistarla facendo sgozzare il Salvacossa. Nel gennaio del 1301 una terribile eruzione squassa l'isola che abbandonata da molti isolani si ripopola solo nel 1305. Nel 1309 succede a Carlo II, Roberto d'Angiò detto il Saggio e alla morte di questi Giovanni I d'Aragona. La lotta per il trono si accende tra Luigi d'Angiò e Carlo III di Durazzo. Il primo occupa Ischia nel 1385 riconquistata l'anno seguente dal figlio di Carlo II, Ladislao I. Alla sua morte, gli succede Giovanna II senza prole. I baroni allora chiamano il figlio di Luigi d'Angiò, Luigi III, ma Giovanna II gli oppone Alfonso V di Aragona.

Gli Aragonesi

Alfonso V di Aragona approda a Ischia nel 1423, su invito di Michele Cossa, cittadino d'Ischia e IV signore di Procida e occupato il Castello Aragonese, lo ristruttura e vi si stabilisce in attesa di poter conquistare anche Napoli. Nel 1441, partendo da Ischia, assedia Napoli dove può trionfalmente entrare il 26 febbraio del 1443. Per ricompensare gli isolani dell'appoggio fornito, il sovrano concede ampi favori all'isola. Innamorato dell'isola, ne affida il governo alla sua favorita Lucrezia d'Alagno al cui fianco scorrazza per i boschi di Campotese a Panza e di Piano Liguori a Ischia trasformati in sue riserve di caccia. Lucrezia d'Alagno affida a sua volta il governo dell'isola, al cognato Giovanni Toriglia o Torella. Morto nel 1458 e lasciato sul trono il figlio Ferdinando I, i baroni napoletani e lo stesso Toriglia alzano bandiera angioina. Lucrezia è costretta all'esilio, mentre si attende l'arrivo di Giovanni d'Angiò, figlio di Renato d'Angiò. Il figlio di Alfonso V di Aragona, re Ferrante o Ferdinando, desideroso di difendere i privilegi degli aragonesi, ordina ad Alessandro Sforza di occupare l'isola e di cacciare il Toriglia. Ferrante però è sconfitto da Giovanni d'Angiò a Troia, in Puglia e si rifugia al Castel dell'Ovo a Napoli per poter poi riparare ad Ischia. Ma l'isola, nel frattempo, era stata rioccupata dal Toriglia, grazie all'aiuto dei Cavalieri di Rodi. Ferrante tuttavia non si perde d'animo ed insieme ad Alessandro Sforza, con due galee fa rotta verso Ischia. Qui ha ragione sui ribelli ed entra trionfalmente nel Castello Aragonese. Nel 1494, muore Ferrante. Il figlio Alfonso II si prepara a fermare Carlo VIII che di lì a poco incombe sull'Italia. Abdica perciò a favore del figlio Ferrante II (o Ferdinando II).

Carlo VIII

Carlo VIII scende trionfante lungo la Penisola e Ferrante II, caduta Napoli in mano francese si rifugia a Ischia, portando con sé la vecchia regina Isabella, la figlia Giovanna (divenuta poi sua moglie), Innico d'Avalos, Giovanni Pontano e Jacopo Sannazzaro. Vi resta un mese, facendo rotta poi verso Messina dove lo attende il fratello. Affida il governo dell'isola a Innico d'Avalos, marchese del Vasto, che rifiuta di arrendersi a Carlo VIII. Questi affida a Ludovico Sforza, il compito di assaltare l'isola.

La resistenza di Innico d'Avalos

Inutilmente il 6 giugno 1496, Ludovico Sforza prova ad assalire la roccaforte isolana. Innico II d'Avalos eroicamente mette in fuga l'assaltatore. Ludovico Ariosto, celebra l'eroismo di Innico d'Avalos nel suo Orlando Furioso:

« Vedete Carlo ottavo, che discende da l'Alpe, e seco ha il fior di tutta Francia, che passa il Liri e tutto 'l regno prende senza mai stringer spada o abbassar lancia, fuor che lo scoglio ch'a Tifeo si stende su le braccia, sul petto e su la pancia; che del buon sangue d'Avalo al contrasto la virtù trova d'Inico del Vasto. »

(Canto XXXIII ott.24)

Ferrante II torna dall Sicilia, premia Innico II d'Avalos e la città di Ischia, ma il 7 ottobre 1496, muore, lasciando il regno allo zio Federico che non ha la forza di fermare la lotta tra Francia e Spagna per il trono di Napoli. Affida perciò il governo del regno al generale d'Aubigny e si trasferisce con la famiglia ad Ischia. Giuntovi, affida a titolo feudale l'isola a Innico II d'Avalos, con tutte le riserve, i boschi ed il padiglione di caccia che possiede nei tenimenti di Panza.

Fa incidere a lettere d'oro sul frontespizio della cattedrale del Castello Aragonese l'iscrizione latina: Quorum eximia servitia in omni tempore nostra fortuna elucescunt. Catturato e tradotto in Francia, Federico, che è trattato da amico da Luigi XII scrive a Innico II d'Avalos di cedere Ischia a Luigi XII. Innico II d'Avalos rifiuta e con sua sorella Costanza d'Avalos di prepara a respingere l'attacco francese. Muore in battaglia nel 1503 e Costanza d'Avalos, nuova castellana d'Ischia, oppone una fiera resistenza ai francesi per ben 3 anni.

Costanza d'Avalos

Vinti i francesi, il regno passa nelle mani di Ferdinando il Cattolico, che grato per la fedeltà dimostratagli, affida il governo dell'isola a Costanza d'Avalos che si circonda di poeti e cavalieri, trasformando il Castello Aragonese, nel cenacolo dei letterati e degli artisti del tempo. Ferdinando il Cattolico le rende visita nel 1507. Il regno di Napoli passa nelle mani di Giovanna II, madre di Carlo V. Costanza d'Avalos richiama ad Ischia, suo nipote Ferrante Francesco d'Avalos, figlio di Innico II d'Avalos, che qui sposa, il 27 dicembre 1509, Vittoria Colonna, marchesa di Pescara.

È ad Ischia che Vittoria Colonna apprende che il marito è morto nella battaglia di Pavia nel 1525. Ischia è perciò ora sotto il controllo del cugino, Alfonso d'Avalos, marchese del Vasto. Nel gennaio del 1538 Alfonso d'Avalos è nominato governatore della Lombardia e lascia per sempre l'isola.

Il pirata Barbarossa

Nel 1535 Carlo V era sbarcato a Napoli per celebrare il trionfo di Alfonso d'Avalos che sotto le mura di Tunisi aveva sconfitto centocinquantamila turchi comandati dal feroce Barbarossa. Questi per vendicarsi dell'affronto subito un decennio prima, il 22 giugno 1544, giunto nella baia della Scannella devasta il casale di Panza e da qui Forio e altri casali dell'isola. Circa duemila furono gli isolani uccisi o deportati come schiavi. Un cronista dell'epoca annota: "Anno Domini 1544 a dì 25 de junio in Sessa ce fo nova che la armata del Turcho de Barbarossa Capitanio de dicta armata havea abrusciata Proceta et un Casale de Ischia, quale haveano fatto presuni certi cristiani in su l'armata..."

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