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Teatro di San Carlo

Il Teatro di San Carlo, già Real Teatro di San Carlo, citato spesso come Teatro San Carlo, è un teatro lirico di Napoli, nonché uno dei più famosi e prestigiosi al mondo.

È il più antico teatro d'opera in Europa e del mondo ancora attivo, essendo stato fondato nel 1737, nonché uno dei più capienti teatri all'italiana della penisola.Può ospitare più di duemila spettatori e conta un'ampia platea (22×28×23 m), cinque ordini di palchi disposti a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed un palcoscenico (34×33 m).[5][6] Data le sue dimensioni, struttura e antichità è stato modello per i successivi teatri d'Europa.

Affacciato sull'omonima via e, lateralmente, su piazza Trieste e Trento, il teatro, in linea con le altre grandi opere architettoniche del periodo, quali le grandi regge borboniche, fu il simbolo di una Napoli che rimarcava il suo status di grande capitale europea.

Storia

 

Settecento

Fondato per volontà di Carlo di Borbone, fu inaugurato il 4 novembre 1737, proprio in occasione del giorno dell'onomastico del re,[1][8] dal quale prese il nome il teatro. L'opera che per prima in assoluto andò in scena fu l'Achille in Sciro di Domenico Sarro e libretto di Pietro Metastasio con Vittoria Tesi, Angelo Amorevoli ed il soprano Anna Peruzzi. A Domenico Sarro vennero pagati, con apposita polizza emessa nel dicembre del 1737, 220 ducati «in soddisfazione della composizione del prologo ed opera in musica intitolata Achille in Sciro che si è rappresentata nel Teatro Reale di San Carlo il dì 4 novembre prossimo passato».

Inizialmente fu sede esclusivamente dell'opera seria; l'opera buffa si dava in altre sedi della città, come il teatro Mercadante (al tempo denominato "Fondo dei Lucri") o il San Bartolomeo o il teatro dei Fiorentini.

Nei primi anni gli artisti che si esibivano sul palcoscenico erano prettamente quelli di scuola napoletana, provenienti dai conservatori della città. Questi erano su tutti: Leonardo Leo, Niccolò Porpora, Leonardo Vinci, Johann Adolf Hasse, Gaetano Latilla, Niccolò Jommelli, Baldassarre Galuppi, Niccolò Piccinni, Antonio Maria Gaspare Sacchini, Carlo Broschi, Tommaso Traetta, Giacomo Tritto, Giovanni Paisiello e Domenico Sarro.

Tra i cantanti si registrano i nomi della Tesi, Amorevoli, Anna Lucia De Amicis, Celeste Coltellini e Gaetano Majorano.

Nel frattempo, il prestigio del San Carlo crebbe al punto da attirare diverse illustri personalità di fama internazionale. Andò infatti in scena nel 1752 la prima assoluta di Clemenza di Tito di Christoph Willibald Gluck, nel 1761 il Catone in Utica e nel 1762 l'Alessandro nell'Indie entrambe prime assolute di Johann Christian Bach, mentre negli anni successivi vi giunsero come ospiti Georg Friedrich Händel, Franz Joseph Haydn ed il giovane Mozart, il quale comparve tra gli spettatori nel 1778.

Intanto sul finire del Settecento il San Carlo accolse anche uno due dei più illustri compositori europei ed uno dei più importanti esponenti della scuola musicale napoletana, Domenico Cimarosa. Il Cimarosa, che era fino ad allora andato in scena solo nei teatri dei Fiorentini e San Bartolomeo, debuttò al teatro Massimo di Napoli solo nel 1782 con L'eroe cinese (dramma su libretto di Pietro Metastasio) per poi ritornare in scena solo in un'altra occasione, nel 1797, con l'Artemisia regina di Caria (dramma su libretto del Marchesini).

A Paisiello, nel 1787, viene dato il compito di "sovrintendere all'Orchestra del San Carlo".

Nel 1799, durante la Repubblica Napoletana, il San Carlo assunse la denominazione di Teatro Nazionale di San Carlo. Una volta caduta la Repubblica, poi, ritornò alla precedente denominazione.

Ottocento

Gioacchino Murat ascende al trono nel 1808 e dal luglio del 1809 (fino al 1840) il teatro viene gestito dall'impresario Domenico Barbaja. Furono quegli gli anni della ristrutturazione del San Carlo con gli importanti lavori di Antonio Niccolini che, durati due anni, diedero all'edificio l'aspetto che tutt'oggi ha. Furono essenzialmente rivisti gli interni creando ambienti di ristoro e ricreazione e, soprattutto, fu rifatta la facciata in pieno stile neoclassico.

La nuova sala interna fu tuttavia ricostruita appena sei anni dopo (nel 1817) sempre dal Niccolini, a seguito di un incendio che la distrusse la notte del 13 febbraio 1816. I lavori ripristinarono sostanzialmente lo stato precedente del teatro anche se, proprio in quest'occasione, fu riadattata la sala interna in modo che raggiungesse i 2500 posti a sedere.

Fu inoltre eseguita la grande tela sul soffitto di 500 metri quadrati, opera di Antonio, Giovanni e Giuseppe Cammarano che raffigura Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo e furono introdotti da Camillo Guerra e Gennaro Maldarelli particolari decorativi, come l'orologio nel sottarco del proscenio in cui il Tempo indica lo scorrere delle ore mentre la sirena delle arti, in basso a sinistra, tenta di trattenerle (come a dire che l'"arte non ha tempo"). La nuova riapertura fu inaugurata il 12 gennaio del 1817 con la cantata Il sogno di Partenope di Giovanni Simone Mayr, già stato al San Carlo con altri lavori tra cui la Medea in Corinto (28 novembre 1813). Nel giorno di apertura, durante il suo Viaggio in Italia, si trovò a Napoli anche Stendhal, il quale assistendo all'inaugurazione del teatro, disse:

« Non c'è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea. Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è un colpo di Stato. Essa garantisce al re, meglio della legge più perfetta, il favore popolare... Chi volesse farsi lapidare, non avrebbe che da trovarvi un difetto. Appena parlate di Ferdinando, vi dicono: ha ricostruito il San Carlo! »

(Stendhal, Roma, Napoli e Firenze nel 1817)

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